Incontro 17 giugno 2017 presso il Monastero di San Gregorio Armeno
Sabato 17 giugno 2017 si è tenuto in San Gregorio Armeno l’ultimo incontro dell’anno di noi Ausiliari Eucaristici, guidato da Padre Carmine Mazza che ci ha proposto, a chiusura della nostra catechesi, il passo del Vangelo che celebra la solennità del Corpus Domini ( Gv 6, 51-58):
"In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»"
Giovanni dedica un intero capitolo all’Eucarestia, ma non lo tratta come gli altri Evangelisti, che pongono il discorso di Gesù subito dopo la lavanda dei piedi. L’apostolo infatti chiude il racconto dell’Ultima Cena con la descrizione della lavanda dei piedi, a voler significare che essa ha la stessa valenza e importanza dell’Eucarestia: chi segue Gesù guarda alla vita spirituale come servizio.
Giovanni esamina, a fondo la funzione e il valore dell’Eucarestia: già precedentemente, con il miracolo della moltiplicazione dei pani, aveva introdotto il discorso sull’importanza del pane come cibo necessario alla vita dell’uomo. C’è un filo, un nesso che sottende gli episodi narrati e quel filo è la fede in Gesù, che è capace di trasformarci, attraverso il nutrimento del Suo cibo, come lo stesso Gesù afferma pubblicamente nella Sinagoga a Cafarnao.
Si chiude così un discorso che era cominciato sulla montagna dove Gesù aveva indicato le beatitudini che consentono di far parte del Regno del Padre.
Il pane è, dunque, il corpo di Dio, e non quello che gli Ebrei mangiarono al tempo di Mosè che li aveva condotti nel deserto, luogo prescelto come la montagna, per fare silenzio, allontanarsi dalla mondanità e ascoltare la voce di Dio, che proprio in quel luogo aveva soccorso, ancora una volta, il suo popolo, sfamandolo con un pane essenziale, necessario ad un corpo sfinito e logorato.
Il pane di cui parla Gesù invece, in questo passo del Vangelo è diverso: è sceso anch’esso dal cielo ma è sovra-sostanziale, è Verbo fatto carne, senza Esso l’uomo è avvolto dalle tenebre e si priva della Vita eterna. Proprio per questo, Dio nella sua infinita Misericordia, ha permesso che questo pane continui a far parte della nostra vita, che sia nostro nutrimento quotidiano attraverso l’Eucarestia.
L’origine del culto eucaristico, invero risale al Medioevo: la sua diffusione si deve in particolar modo alle preghiere, all’azione fervente della promotrice e sostenitrice dell’Adorazione Eucaristica, Suor Giuliana di Cornillon.
Fu poi Papa Urbano IV che ne istituì il Sacramento, estendendolo a tutta la comunità ecclesiale e dando il compito, proprio qui a Napoli, a Tommaso d’Aquino di scrivere il contenuto connesso alla liturgia di tale solennità.
L’apice della sua diffusione ci fu nel ‘500, come risposta da parte della Chiesa Cattolica, all’indomani della riforma luterana, che riconosceva solo il Sacramento del Battesimo, riducendo gli altri Sacramenti ad eventi sì edificanti, ma sempre testimonianze-ricordo della religione cristiana. L’Eucarestia diventava quindi per i protestanti la cena, durante la quale si ricordava che Gesù aveva spezzato il pane, dandolo ai discepoli.
Roma, dunque, dovette ribadire che l’Eucarestia non è né un simbolo, né un’allegoria, ma una realtà: durante la messa si perpetua il sacrifico di Gesù, il suo donarsi quotidianamente e fattivamente ad ogni uomo, trasformando, sull’altare, il pane e il vino nel Suo Corpo e nel Suo Sangue e offrendolo a chiunque voglia cibarsene.
Questa verità fu affermata non solo a livello dottrinale ma anche attraverso i sensi, ad esempio visivamente: tutte le chiese dovevano avere l’altare al centro e non, come avveniva precedentemente, nelle chiese gotiche, dove per chi vi entrava era nettamente visibile e distinguibile, rispetto agli altri elementi, il Coro. L’altare doveva essere preminente perché la Chiesa ha ragion d’essere se permane e si eterna il sacrificio reale di Gesù.
Si istituirono così anche le 40 ore di adorazione per mantenere vivo nel cristiano la presenza reale di Gesù nell’Eucarestia.
Nel corso del tempo, però, il culto non è stato sempre inteso nella sua giusta ottica: il pane va innanzitutto consumato, come indica Gesù, perché è il Suo Corpo e non va disgiunto dalla celebrazione della Messa e dalla confessione.
Anche Paolo Burali espresse il suo pensiero sul pericolo di fraintendere, travisare il valore dell’Eucarestia. Essa non va intesa, fondamentalmente, come contemplazione di un Mistero, Gesù ha manifestato la Sua Volontà chiaramente: vuole che mangiamo il Suo Corpo, perché anche noi possiamo trasformarci in Lui e formare e diventare, al suo banchetto, una sola Persona, la Sua.
Padre Carmine ci ha invitato non solo a riflettere, ma ad entrare, ogni volta nella Casa di tutti, sostando davanti all’altare, per avere fermo il convincimento che lì c’è la presenza reale di Gesù.
E ancora di tenere bene in mente la risposta che diede Pietro a Gesù, il quale vedendo che coloro che lo stavano ascoltando si allontanavano scandalizzati, chiese ai discepoli se anche loro volessero andare via e così: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». (Gv 6,60-69).
E ritornando alle parole di Gesù, Padre Carmine ci ha fatto notare che il tempo presente prevale su quelli futuri. Solo Egli riesce a soddisfare la nostra fame, a dare una risposta ai nostri inquietanti dubbi, nutrendoci del Suo Corpo durante la Messa, noi riusciamo ad avere Lui in noi e niente può farci male. Non dobbiamo cadere in falsi ragionamenti come il non accostarci all’altare perché ci sentiamo indegni. Gesù è venuto per tutti, soprattutto per i ”malati” nello spirito, per i peccatori: per primo ci ha teso la mano e noi non dobbiamo allontanarla, se grande è il Suo Mistero tanto è più grande il Suo Amore che ci salva e ci santifica.
L’incontro si è concluso con delle considerazioni degli Ausiliari sulle attività dell’anno trascorso insieme.
Terminata la catechesi di quest’anno, ognuno di noi ha sentito il bisogno di esprimere cosa e quanto abbia appreso. Dal punto di vista della socialità abbiamo constatato che si è creato un affiatamento che man mano si è trasformato in amicizia, nonostante le personali differenze ed esigenze. E questo è stato possibile grazie alle lectio dei vari incontri e al dibattito che ne seguiva. Per dirla alla Padre Carmine, si è creata una relazione, che ha alla base la conoscenza e l’amore per Dio.
Tutto ciò costituisce un motivo in più per ringraziare Suor Lucia che ha voluto questi incontri, e li ha animati con la sua amabilità sensibilità e disponibilità e Padre Carmine, ministro di Dio, la cui mente e cuore procedono all’unisono e che riesce a trasmettere concetti e verità con una semplicità e con un’umiltà, che sono proprie dei grandi.
Grazia Di Paola, Ausiliaria Eucaristica